È nato il vino canevista! Breganzese, naturale, autoctono.


Tanto l’abbiamo atteso, tanto l’abbiamo agognato, è finalmente venuto al mondo. È il vino canevista, espressione del progetto partito dieci anni fa con la nascita dell’associazione I Canevisti, un nutrito assembramento di impenitenti vignaioli e irriverenti bevitori che, armeggiando nei garage o nella caneva di famiglia, si sono scambiati sorsi e assaggi, condividendo la cultura della vite e della vinificazione. Siamo a Breganze e corre l’anno 2011 e, come raccontavamo in questo articolo, nasceva l’associazione. Tra serate di degustazione, iniziative di cultura vignaiola e viaggi didattici – nonché di piacere – I Canevisti covano il progetto di un vigneto da accudire, che valorizzi i vitigni autoctoni, le pratiche agroecologiche, che esprima biodiversità. È il 2016 e viene impiantato il “Vigneto della Storia” dove trovano ospitalità Rabiosa, Gruaja, Groppella, Pedevenda, Garganega, Dorona, Occhio di Pernice, Marzemina Bianca, Oto Cai, Negrara e Senese, varietà dimenticate da tutti tranne che da loro, i Canevisti.

La gestione del vigneto è collettiva, a carico dei membri dell’associazione e supportata da un appassionato gruppo di sostenitori che hanno adottato una vite e permesso l’avvio del progetto. Oggi, dopo cinque anni, il primo vino. Si chiama “Fino in Fondo Canevista”, è un bianco frizzante ottenuto da uve Garganega e Durella, rifermentato in bottiglia, fresco e piacevole, perfetto per l’estate. È realizzato dalla Cantina Rarefratte di Cristian, uno dei membri dei Canevisti, che nella vinificazione ci mette solo tanta attenzione, intervenendo sul vino il meno possibile, secondo la filosofia del vino naturale. Ma ce ne sono altri due di vini in cantina, e tra qualche mese saranno pronti: un bianco fermo, sempre con base di Durella, Garganega e Oto Cai, e un rosso con uve Groppella e Gruaja. 

Il progetto ha dunque dato i suoi primi frutti, ma il vigneto richiede attenzioni continue e cura maniacale. I Canevisti allora hanno rilanciato le adozioni della vite: con dieci euro è possibile adottarne una, seguire la crescita del Vigneto della Storia e partecipare alle iniziative di cultura vignaiola dei Canevisti. Basterà contattarli sui social (FB o IG) oppure scrivere un’email a info@canevisti.it. La biodiversità è un bene comune e i vitigni autoctoni ne fanno parte. E poi bere un buon vino dà sempre grandi soddisfazioni, a prescindere.